Sta prendendo corpo, per volontà del Pd e di altre componenti della maggioranza su cui si regge il sindaco Beppe Sala, l'idea di assegnare l'Ambrogino d'Oro al capitano - poco coraggioso e molto vanitoso - della Flotilla pro-Hamas. Quella che, tra selfie e proclami, ha tentato in ogni modo di disturbare la trattativa di pace che, piaccia o no, è stata portata a compimento da Trump, con il sostegno fattivo di Giorgia Meloni e di ventidue Stati, Israele e Hamas compresi. Una pace provvisoria, certo, ma che ha fermato i bombardamenti, aperto i corridoi umanitari e restituito venti ostaggi vivi: l'unica vera notizia che i militanti della Flotilla non riescono a digerire.
I quaranta italiani imbarcati in quell'avventura non hanno mai chiesto la liberazione degli ostaggi: consideravano quella richiesta una provocazione, perché ricordava troppo il 7 ottobre, la mattanza degli ebrei. Preferivano l'agit-prop, le dirette social e gli applausi del pubblico di Repubblica. Tornati in patria, i loro amici hanno messo a soqquadro le città, ferito cinquanta agenti, bloccato treni e tangenziali. Altro che missione di pace: scenografia per un paio d'ore di gloria.
Ora il Comune di Milano pensa di premiarli. Sala, davanti all'indignazione, si è lavato le mani nel catino di Ponzio Pilato - arrivato per l'occasione dal museo dei don Abbondio - e ha fatto sapere, tramite l'ufficio stampa, che la decisione spetta al Consiglio comunale. Peccato che la proposta arrivi proprio dai pezzi grossi della sua maggioranza.
L'avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che l'Ambrogino l'ha ricevuto nel 2014, ha reagito da milanese vera: se lo date alla Flotilla, io lo restituisco. E non da sola: anch'io farò lo stesso. Perché quell'onorificenza, simbolo di una città libera, operosa e solidale, non può essere consegnata a chi ha scelto la propaganda al posto della pietà e l'odio ideologico al posto della compassione. Io ricevetti l'Ambrogino nel 2006, con immensa gioia. Una gioia che si trasformerebbe in onta se lo conservassi dopo che gliel'hanno venduta, l'anima. Perché Milano non è mai stata neutrale fra chi salva vite e chi le usa come bandiere. Premiare i simpatizzanti - più o meno consapevoli - dei boia del 7 ottobre sarebbe uno sfregio alla memoria civile della città e al suo umanesimo laico.
Altro che pluralismo di idee: sarebbe il trionfo dell'ipocrisia, l'ennesima carezza ai finti pacifisti che odiano in nome dell'amore. Consegni pure, Sala, i suoi Ambrogini alle comparsate mediatiche. Noi, il nostro, lo restituiremo. E insieme restituiremo a Milano - speriamo - la dignità che merita.