L'hanno battezzata la "Cassa di Resistenza". Il Leoncavallo sembra avere veramente i giorni contati, il 9 settembre è fissato il 135esimo avviso di sfratti e questa volta con l'ufficiale giudiziario dovrebbe arrivare anche la forza pubblica per sgomberare, non è del tutto escluso un blitz prima. I militanti del centro sociale ribadiscono il loro "Giù le mani da Milano" e ora aprono anche una raccolta fondi. Come si legge sui social (nella foto, il manifesto), nel 50esimo anno di storia "il Leoncavallo è sotto sfratto. L'attuale spazio di via Watteau rischia realmente di scomparire per sempre. Per questo - scrivono - abbiamo deciso di aprire una Cassa di Resistenza. Chiediamo di donare ognuno secondo le capacità". La "solidarietà è interclassista e il ringraziamento è di cuore (rosso vivo) - prosegue -. Da molti anni produciamo un bilancio sociale trasparente. Crediamo che un'altra Milano sia possibile e questo è ancora il sogno di tante e tanti abitanti che non intendono consegnare la città ai cementificatori. Lotteremo fino alla fine per il diritto di esistere, ma abbiamo bisogno di tutto il sostegno possibile". E quindi si rivolgono in primis a chi li ha coccolati per tutti questi anni. "Chiediamo alle realtà antifasciste, alla società civile, alla sinistra milanese di schierarsi in difesa dell'autogestione con una donazione alla Cassa di Resistenza delle Mamme Antifasciste". Magari metteranno mano al portafogli, ad esempio, i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli che per dare sostegno al Leonka hanno organizzato ai primi di settembre la festa nazionale del partito, potrebbe essere la "vigilia della fine", l'ultimo evento prima dello sgombero.
Per ora tra inchieste sull'urbanistica e dimissioni dell'assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, è stata rinviata la delibera che la giunta Sala aveva immaginato di approvare entro fine luglio per il bando di concessione di un immobile dismesso in via San Dionigi, zona Rogoredo. Il centro sociale, dopo aver presentato una manifestazione di interesse, aveva fatto più sopralluoghi e stava trattando con la giunta sulla spesa per i lavori. Per ora l'asta è finita in stand by. Il ministero degli Interni che ha giù ricevuto dalla Corte d'Appello una condanna a risarcire con 3 milioni la proprietà (famiglia Cabassi) per il mancato sgombero non vuole perdere altro tempo.