Mosca In Russia lo considerano l'analista in grado d'interpretare al meglio il pensiero di Vladimir Putin. Non a caso ogni autunno Fyodor Lukyanov, 58enne Direttore della Ricerca del Valdai Club, intervista il Presidente durante l'appuntamento organizzato a Sochi dal più importante centro di ricerca russo nel campo della politica internazionale. Un appuntamento rispettato lo scorso ottobre quando Lukyanov ha affrontato con Putin i più importanti temi di politica internazionale. Il Giornale lo ha incontrato nella sede del Valdai Club di Mosca.
Dottor Lukyanov quali sono le condizioni di Putin per un immediato cessate il fuoco?
"Su questo Putin è sempre stato molto preciso. La principale condizione è il totale ritiro delle truppe ucraine dal Donbass. Il punto è stato spiegato con molta chiarezza durante l'incontro con Trump dello scorso agosto. Nei territori riconosciuti dalla Costituzione Russa non vi deve essere alcuna presenza di forze ucraine".
Gli ucraini, insomma, dovrebbero ritirarsi anche dai territori che non avete ancora preso?
"Esattamente. Secondo la Costituzione della Federazione emendata nel 2022 il Donetsk e il Lugansk sono parte legittima della Russia. Questa è quindi la precondizione indispensabile per fermare le attività militari e avviare un processo di pace".
La richiesta ha pochi precedenti
"È vero. Storicamente non vi sono molti precedenti di paesi pronti ad abbandonare dei territori senza esser stati completamente sconfitti, ma a volte le cose cambiano".
Politicamente è difficile accettarlo.
"Le ragioni politiche sono importanti, ma valgono finché sei in grado di combattere. Quando perdi quella capacità le ragioni politiche non contano più nulla".
L'Europa rifiuta queste condizioni.
"Devo ricordarvi quel che Putin ripete dal 2022. Noi - dice - proponiamo alcune condizioni e voi le respingete? Bene, ma ricordatevi che le prossime saranno inevitabilmente peggiori. Nel 2022 questo poteva suonare arrogante. Oggi rispecchia la realtà dei fatti".
La più grande nazione del mondo ha combattuto solo per aggiudicarsi due piccole regioni?
"Ovviamente no. Il memorandum, qualcuno lo chiamò ultimatum, presentato nel dicembre 2021 a Usa e Nato riguardava la sicurezza in Europa. Putin fece capire che la Russia non era soddisfatta da un'architettura di sicurezza che garantiva l'Europa attraverso l'espansione della Nato".
Oggi l'Europa è ancor meno disponibile.
"È vero, ma la diplomazia da sola non bastava a raggiungere l'obbiettivo. Nessuno rinuncia ai propri privilegi senza combattere. Finita la guerra fredda Europa, Nato e Usa si sono convinti di poter ignorare le richieste della Russia. Insomma le condizioni per un conflitto erano presenti da tempo. Ora bisogna vedere cosa succederà quando l'Occidente realizzerà che l'Ucraina è incapace di resistere. Quella svolta aprirà nuovi scenari. Alcuni positivi, altri molto pericolosi".
Pericolosi? Molti leader europei temono che attacchiate l'Europa, hanno ragione?
"Quella è propaganda o auto-convinzione. I problemi dell'Europa non dipendono né dalla Russia, né da Trump, né dalla guerra in Ucraina. Il problema è l'incapacità di adattare alla realtà attuale il modello iniziale d'integrazione europea. Terrorizzare gli europei con la minaccia di un attacco russo serve a coprire quest'incapacità. L'ambiguità è evidente. Da una parte sostengono che la Russia è debole perché non ha ancora sconfitto l'Ucraina, dall'altra affermano che subito dopo punterà all'Europa. Le due cose sono inconciliabili. E comunque attaccare l'Europa sarebbe folle Non solo non ne abbiamo la capacità, ma neanche la volontà e la necessità".

