Un milione di cubani senz'acqua potabile. Il tesoro dei Castro sfonda i 18 miliardi

Scritto il 13/08/2025
da Paolo Manzo

I blackout quotidiani non consentono di azionare le pompe idrauliche: è crisi

Non bastassero la fame, la carenza di medicinali e i blackout quotidiani, ora un'altra emergenza si abbatte su Cuba: oltre un milione di abitanti (sui 9 totali) non ha accesso all'acqua potabile a causa del collasso delle pompe idrauliche provocato dalle interruzioni di corrente nelle province di Santiago, Holguín e Ciego de Ávila. A L'Avana, 248mila persone ne sono prive da giorni e "la situazione è drammatica", ha ammesso persino il presidente dell'Istituto idrico statale, Antonio Rodríguez, al Granma, il giornale di regime.

Come se non bastasse, ieri una violenta tromba d'acqua ha colpito la capitale, lasciando interi quartieri come Luyanó allagati e al buio dopo che un fulmine ha messo fuori uso la rete elettrica. In pochi minuti l'acqua è penetrata in case e negozi, persino nelle rare abitazioni in buone condizioni. La corrente è tornata solo dopo due ore, ma l'acqua potabile che avrebbe dovuto essere pompata non è ovviamente arrivata. Le autorità comuniste hanno convocato una riunione d'emergenza invitando alla calma, ma la popolazione, esasperata, punta il dito contro il cronico mancato drenaggio e la pessima manutenzione, che trasformano ogni acquazzone in una trappola mortale nella capitale. Video di strade sommerse hanno invaso i social, mentre il Centro meteorologico cubano monitora la tempesta tropicale Erin, in formazione nell'Atlantico e potenziale primo uragano della stagione.

Nel frattempo, la repressione del regime non conosce tregua. A luglio l'Ong Prisoners Defenders ha registrato 25 nuovi prigionieri politici, portando il totale record a 1.176. Tra questi, il 24enne Marlon Brando Díaz Oliva, già condannato a 18 anni per le proteste del luglio 2021 e nuovamente arrestato per "motivi ideologici". Le carceri femminili, denuncia l'Ong, sono "infami", prive persino delle cure mediche di base e di qualsiasi igiene. Eppure, mentre l'isola sprofonda, l'élite comunista siede su un tesoro da oltre 18 miliardi di dollari. È il patrimonio di Gaesa, il conglomerato militare creato da Raúl Castro negli anni '90 per incamerare valuta pregiata dopo il crollo sovietico e che oggi controlla turismo, banche, commercio estero, negozi in dollari, trasporti e perfino le rimesse degli emigrati. Tutto insomma, una holding privata della famiglia Castro immune a qualsiasi controllo, come rivelano i documenti ottenuti dalla giornalista Nora Gámez Torres e pubblicati nei giorni scorsi dal Miami Herald.

Con quei 18 miliardi si potrebbero ricostruire città, pagare medici e insegnanti, modernizzare la rete elettrica, rilanciare l'agricoltura, aiutare el pueblo insomma. Invece, si consolida il potere di generali e dirigenti comunisti, che detengono il 40% del Pil ufficiale cubano.

Non sorprende, quindi, che mezzo milione di cubani abbia lasciato l'isola negli ultimi due anni, mentre chi resta deve sopravvivere tra l'inflazione di un'economia dollarizzata, salari da fame e polizia politica. È il caso di Aymará Nieto, membro delle Damas de Blanco, costretta ieri a lasciare Cuba per rifugiarsi a Santo Domingo, dopo aver scontato 8 anni di carcere per la difesa dei diritti umani. Le autorità le hanno negato perfino l'ultima visita alla figlia, prevista l'8 agosto: è stata trasferita dal carcere di Bella Delicia all'aeroporto, mentre i telefoni dei familiari venivano intercettati per bloccare chiamate e messaggi. Un esilio forzato che fotografa la brutalità del regime, mentre oggi il dollaro ha toccato i 400 pesos cubani sul mercato nero, un nuovo record per la valuta americana che ormai scandisce il prezzo di ogni bene a L'Avana.