Ciak, secondo tempo. In una tornata elettorale con le previsioni rispettate, c'è bisogno di un supplemento di analisi per trovare la spigolatura giusta. E allora ecco che tocca scartabellare le preferenze di alcuni singoli candidati. Quelli che, nelle tre regioni al voto, cercavano l'inizio di una nuova vita. Da destra a sinistra, dalla Campania al Veneto, passando per la Puglia, ci sono quattro parabole che si intrecciano. Diversi tra loro, ma ognuno alla ricerca di una rivincita. Gennaro Sangiuliano, candidato in quota FdI dopo le dimissioni dal ministero della Cultura e la parentesi da corrispondente Rai a Parigi, è ancora in bilico. E poi c'è Luca Zaia, fermato dallo stop al quarto mandato, capolista della Lega in tutte le circoscrizioni, ovunque primo eletto. Quindi Nicola Vendola, detto Nichi, con il suo probabile ritorno nelle istituzioni al termine di una panchina durata un decennio. L'unico del poker a non essersi ricandidato, complice il veto dell'ex allievo Antonio Decaro, è stato Michele Emiliano. Per lui possibile un rientro in Giunta come assessore esterno. In alternativa, c'è un seggio in Parlamento nel 2027.
Vecchie glorie di una campagna elettorale narcolettica, i quattro ripartono dal via. Magari un passo indietro rispetto al passato. Ma solo per prendere la rincorsa. Forse questo è il caso di Zaia. Governatore per tre mandati consecutivi, tanto da meritarsi il soprannome di Doge. E infatti avrebbe voluto correre alla guida del suo Veneto per un altro giro. Ma non solo: Zaia non ha presentato una sua lista e il suo cognome non è comparso su nessuno dei simboli sulla scheda elettorale. Quindi la scelta di essere capolista della Lega in tutte le circoscrizioni. Decisivo per far arrivare il Carroccio davanti a Fratelli d'Italia nel derby del centrodestra. Le preferenze, a circa metà dello spoglio, sono complessivamente più di 133mila, con il record di 32mila a Treviso. Non è un caso se il successore, Alberto Stefani, lo abbia ringraziato per primo nel discorso della vittoria.
In bilico Sangiuliano in Campania, con un po' di delusione per i 2376 voti a Napoli a meno di metà dello spoglio. Un anno sulle montagne russe, il suo. Ministro, poi a Parigi per la Rai. Il programma e l'amore per la sua terra tutti racchiusi nel cappellino rosso che ha fatto tanto discutere: "Make Naples Great Again". Berretta reaganiana più che trumpiana, a detta dello stesso giornalista, biografo dei due presidenti repubblicani. Per Vendola, invece, è probabile lo sbarco in consiglio. Il bottino, in serata, è di circa 4400 preferenze. L'ultimo incarico per lui? Governatore della Puglia fino al 2015. "Ripescato" dall'erede Fratoianni nel 2023 come presidente di Sinistra Italiana, torna in consiglio regionale da soldato semplice. E il percorso è stato tortuoso, dato che Decaro aveva messo un veto su di lui. Troppa paura di essere oscurato dal lirico Nichi. Che invece potrebbe vivere una seconda giovinezza politica in Puglia, da dove è partito tutto vent'anni fa, nell'ormai lontano 2005, con la vittoria a sorpresa alle primarie del centrosinistra prima e alle regionali dopo. Il diktat dell'allievo nei confronti del maestro è riuscito, invece, nei confronti del governatore uscente Emiliano, non ricandidato. Il suo passo indietro ha tolto le castagne dal fuoco a Schlein, con Decaro che a tutti i costi non lo voleva in lista e minacciava un ritiro che avrebbe compromesso la partita elettorale. Ieri l'ormai ex presidente si è subito presentato davanti alle telecamere, quasi a mettere l'ingombrante cappello sul trionfo. L'oblio sembra non essere contemplato. Si parla di un ritorno in Giunta come assessore esterno. In ogni caso, il centrosinistra ha già pronto un seggio per lui nel prossimo Parlamento. Altrimenti Emiliano, magistrato in aspettativa, potrebbe rientrare in servizio. Il rischio è di essere spedito lontano dalla Puglia. Si veda Antonio Ingroia ad Aosta.