nostro inviato a Padova
Si scrive Stefani, ma si legge Zaia. Alberto Stefani, come da previsioni, è il nuovo governatore del Veneto e vince in carrozza, passando la barriera del 64 per cento. Si sapeva e si immaginava che il suo competitor, l'ex sindaco di Treviso Giovanni Manildo, alfiere del centrosinistra, avrebbe rimediato trenta punti di distacco, fermandosi poco sopra il 30 per cento. Tutto confermato.
Quel che non era chiaro era come sarebbe finita la sfida, tutta interna al centrodestra, fra la Lega, un tempo egemone a queste latitudini, e FdI, sempre più arrembante. Fino allo strabiliante 37,6 per cento delle Europee del 2024.
Alle 15, alla chiusura dei seggi, Youtrend disegna un testa a testa con FdI leggermente avanti: una forchetta compresa fra il 24 e il 28 contro una Lega oscillante fra il 22,5 e il 26,5 per cento.
Ma Swg e poi Eligendo, piattaforma del Viminale , vedono un altro film ed è quello giusto: la Lega e al 35-36 per centro, FdI si ferma al 19. Rapporti ribaltati, una specie di macchina del tempo e ad accenderla c'era lui, Luca Zaia, il Doge che lascia dopo quindici anni di Governo, viene tirato di qua e di là anche dai suoi e ingoia rospi da tutte le parti. Ma non rompe, anzi, alla fine come un soldato quasi semplice si butta nella mischia, candidandosi come capolista in tutte le province e regala a Matteo Salvini, né in serata corre a Padova, un successo clamoroso. "È stato dato Salvini per morto in dotte analisi - ironizza il vicepremier, seduto di fianco a Stefani - siamo in discreta salute. La responsabilità è tanta. Sono felice, è una bellissima serata". E ancora: "Il centrodestra è in un momento complicato, ma ha tenuto assolutamente bene e i numeri che porta a casa la Lega alla fine di queste regionali sono preziosi e belli".
Zaia invece non raggiunge l'hotel Crowne Plaza, quartier generale leghista, resta appartato, ma non si defila. Alle 15.01, un minuto dopo la chiusura delle urne, telefona a Stefani e si complimenta, A suo modo, immagina il suo domani non così nitido, ma con la certezza di rimanere nel perimetro della Lega: "Noi andiamo avanti per la nostra strada, non abbiamo nemici all'interno del centrodestra, tantomeno fuori. Il nostro è un partito, un movimento con una storia unica". Poi scioglie il nodo sul suo impegno: "Sicuramente sarò in consiglio regionale, sul futuro non so cosa dire, ma andrò in consiglio regionale".
Anche se potrebbe correre, alle suppletive, per il seggio che Stefani lascia alla Camera, oppure candidarsi a maggio per la poltrona di sindaco di Venezia. "È innegabile - conclude Zaia con una nota polemica - che se avessimo presentato la lista Zaia, oggi avremmo più consiglieri da portare in dote a Stefani e un centrodestra rafforzato".
Stefani, a soli 33 anni, è il nuovo Presidente della Regione. Vicinissimo a Matteo Salvini, dall'anno scorso è uno dei vicesegretari del partito. E insomma, sta/dentro il perimetro della dirigenza leghista di oggi, mentre Zaia da tempo predica il modello tedesco-bavarese, con due Leghe, per ricomporre fratture e contrapposizioni.
L'enfant prodige dal palco di Padova fa sfoggio di umiltà: "Credo che ai veneti nei prossimi cinque anni serva un sindaco dei veneti, una persona capace di ascoltarli, capace di affrontare in maniera pragmatica, senza polemiche, senza provocazioni, in maniera diretta, quelle che sono le necessità dei nostri territori. Il sindaco è il sindaco di tutti i cittadini e io sarò il Presidente di tutti i cittadini del Veneto". Poi Stefani declina il primo punto del suo programma: "La prima cosa che farò da Presidente sarà istituire un assessorato al sociale perché c'è la necessità di studiare la società del futuro".
Salvini lo abbraccia: "È un grande lavoro di squadra". È una buona ragione per tornare a Roma carico di orgoglio. Con il risultato che si consolida. La Lega, a un passo dai dati definitivi, é oltre il 35 per cento, FdI é sotto il 16, Forza Italia galleggia sopra la linea del 6 per cento. Ma nel Veneto ribelle e inquieto, si registra anche la performance di Riccardo Szumski, il medico no vax, radiato dall'Ordine, che entra in Consiglio con un inaspettato 5 per cento.